La Settimana Santa della città di Canicattini Bagni, con “U lamientu” dei ‘nuri durante la processione del Venerdì Santo “A sira ro Santissimu Cristu”, inserita dall’assessorato regionale ai Beni Culturali, tramite la Soprintendenza di Siracusa, nel Reis, il Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia.
Soddisfatti il sindaco Paolo Amenta che ne aveva fatta richiesta, e la dirigente del sesto settore, Paola Cappè, che cura l’Ufficio Cultura e la Biblioteca comunale “G. Agnello”, che con il suo ufficio ha raccolto tutto il materiale e la bibliografia, di questa importante manifestazione religiosa che affonda le radici nella tradizione e nella cultura popolare siciliana.
“Un risultato di grande prestigio culturale per la nostra città – ha dichiarato il Sindaco, Paolo Amenta – che porta in se il vasto patrimonio di tradizioni, fede e cultura popolare del quale è impregnata la cerimonia della Settimana Santa e la processione del “Santissimu Cristu”. Un doveroso grazie al lavoro della dottoressa Paola Cappè e del suo ufficio con Giovanni Morana, cultore delle tradizioni della Settimana Santa, uno dei ‘nuri che cantano “U lamientu”, Stefano Agnello del Servizio Civile Nazionale impegnato nelle attività culturali del nostro Comune, che ha lavorato a ricostruire questa antica tradizione. E naturalmente un grazie al parroco della Chiesa Madre, don Sebastiano Ferla, che ha avallato e autorizzato questo percorso, e alla Soprintendenza di Siracusa che ha puntato su questo importante momento culturale della nostra città, che insieme ad un vasto patrimonio ambientale, paesaggistico e gastronomico, rappresentano un modello di sviluppo per il futuro“.
U lamientu (lamento), come abbiamo avuto modo di ricordare in questi anni, è un canto molto commovente e suggestivo, rievoca i patimenti della Passione di Cristo, e viene eseguito durante la processione dell’Ecce Homo, la statua in carta pesata del Cristo flagellato risalente al ‘600. In questo canto si celano dolore, tormento, pianto e sofferenza di cui Gesù Cristo e la madre Maria, sono i protagonisti.
“U lamientu” è chiamato così per il suo andamento lento dal connotato doloroso. Nel suo complesso la caratteristica che rende unica in Sicilia la processione del Venerdì Santo a Canicattini Bagni è la presenza dei ‘nuri che intonano u lamientu. Non si tratta di una confraternita bensì dei fedeli che hanno espresso un voto o hanno ricevuto una grazia.
Si riscontra esclusivamente a Canicattini Bagni nell’ambito delle manifestazioni religiose che caratterizzano la Settimana Santa in Sicilia la tradizione di questo canto che viene tramandata oralmente, solo i ‘nuri ne custodiscono la reale importanza e padronanza vocale. Durante tutto l’anno non si lo si ascolta mai, ma solo “a sira ro Santissimu Cristu” i devoti lo intonavano e lo intonano ancora, atteggiando le loro voci come delle affilate lame di rasoio che squarciano il buio della sera.
Il canto struggente e il rosso dei paramenti contribuiscono a creare un’atmosfera mistica ricca di pathos, che coinvolge i fedeli. Inoltre la larga partecipazione di popolo, raccolta in un religioso silenzio e partecipazione, significa come sia profondamente radicata nella tradizione popolare questa commemorazione, che coinvolge anche i giovani. Mai come in questa occasione, infatti, si sente la presenza dell’ intera popolazione soprattutto quella locale, antica custode della cultura e delle tradizioni popolari delle comunità canicattinese.
I nuri (nudi) sono uomini che per voto o per grazia ricevuta, solo quella particolare sera, sono vestiti con pantaloni, camicia e calze bianchi (scalzi); sulle spalle portano una mantella rossa sulla quale sono cucite al centro ed ai lati delle croci color giallo-oro, ad imitazione del Simulacro; alcuni invece indossano un particolare scialle di lana o di lana-seta di color rosso cupo, con tipiche decorazione orientaleggianti.
Questo scialle lavorato anticamente con i telai, le donne fino alla fine dell’800 lo usavano in occasione del matrimonio; inoltre i ‘nuri portano al collo una corda intrecciata di “liam” (ampelodesmo) detta “u pasturuni ” annodata al collo a mò di cappio, tipico delle compagnie dei penitenti. La testa è coperta da un fazzoletto annodato a trinciettu (legato dietro la nuca) sul quale viene posto u circu (corona) intrecciata con verghe della pianta selvatica “mitavira”.
Ciascuno tiene in mano una cannuccia, simbolo dello scettro regale, alla cui estremità superiore viene inserita un’immagine piccola del SS. Cristo, tenuta fissa con un nastrino rosso legato a fiocco. Il nuru raffigura il Cristo deriso, schernito e beffeggiato nel Pretorio di Pilato
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