La Giunta regionale ha deliberato ieri l’indizione delle prossime elezioni regionali per il 5 novembre ed ecco la prima proposta ufficiale di candidatura all’Ars della provincia di Siracusa. A farsi avanti l’Area Dem del Partito democratico che ha deciso di puntare su Paolo Amenta, che in questi anni si è confrontato nei tavoli governativi nazionali e regionali, nel suo ruolo di vice presidente di AnciSicilia, di sindaco di Canicattini Bagni, di presidente dell’Agenzia di Sviluppo degli Iblei, e di componente delle Commissioni nazionali per le Politiche Sociali e per lo Sviluppo.
Amenta lo scorso anno, dopo un lungo percorso di avvicinamento e di lavoro comune con i deputi nazionali Sofia Amoddio e regionali Marika Cirone Di Marco, ha maturato l’adesione al Pd, che l’ha sostenuto nella sua ultima legislatura, riconoscendosi nei valori espressi dall’Area Dem. Area che oggi ritiene sia lui l’esponente giusto all’Ars, per cui proporrà il suo nome agli organismi dirigenti del Pd di Siracusa per la composizione della lista dei candidati della provincia di Siracusa alle Regionali del 5 Novembre.
La proposta di candidatura sarà illustrata nella conferenza stampa che si terrà sabato 2 settembre alle 10,30 nei locali del Centro Pio La Torre in Piazza Santa Lucia 24 a Siracusa, alla quale parteciperanno Enzo Pupillo, Coordinatore Area Dem Siracusa; Sofia Amoddio, parlamentare nazionale Pd; Marika Cirone Di Marco, Parlamentare regionale Pd; Paolo Amenta, presidente Consiglio comunale di Canicattini Bagni e vice presidente AnciSicilia; amministratori e dirigenti provinciali del Pd.
Ecco i temi che l’Area Dem della provincia di Siracusa pone al centro della campagna elettorale con Paolo Amenta:
“C’è una Sicilia, e nello specifico la provincia di Siracusa, che deve innovarsi per fronteggiare l’urgente bisogno di garantire risposte non più rinviabili ai suoi cittadini, soprattutto per quanto riguarda il Lavoro (si pensi al 60% ed oltre di disoccupazione giovanile e al quasi il 30% di disoccupazione ordinaria), per frenare l’impoverimento delle famiglie e l’esodo di giovani che sta letteralmente svuotando l’isola e in particolare le aree interne, i piccoli centri, ma anche le aree metropolitane. Per non parlare dei mancati interventi e delle incertezze sul futuro di quel che resta di un’area industriale come quella di Siracusa, vecchia, superata, inquinante, che la politica di questi ultimi anni, nonostante la crisi, non ha saputo indirizzare e finalizzare ad una riconversione ecosostenibile. La non valorizzazione del sistema portuale di Augusta e delle zone franche. L’insufficiente incentivazioni delle risorse e delle eccellenze agroalimentari di un territorio, si guardi a quello siracusano, che può e deve rappresentare, grazie anche al suo vasto patrimonio storico, archeologico, paesaggistico e turistico, un vero e proprio modello di Sviluppo sostenibile possibile, pronto a ridurre il gap occupazionale ed economico con le altre Regioni, anche europee, più avanzate. La nostra Sicilia ha bisogno ancora di essere tutelata in termini di Salute, insufficiente la ridistribuzione della Rete ospedaliera se le aree interne e montane, come quelle della provincia di Siracusa, restano isolate e tagliate fuori da questo diritto, prive di strutture intermedie di pronto intervento e di sistemi di comunicazione e mobilità adeguati. Occorre sostenere, contemporaneamente, le popolazioni che ricadono nell’area industriale che continuano ad essere prive di strutture oncologiche e di ricerca di primo piano.
C’è una Sicilia che chiede ormai da tempo Servizi moderni in linea con un sempre più crescente confronto europeo, addirittura globale, dove il locale si può inserire tramite un reale miglioramento della qualità di vita dei cittadini, e nuove forme di efficienza dei relativi sistemi produttivi, per ridurre le “disuguaglianze”, riacquistare diritti, e guardare al futuro in termini di sostenibilità. Si pensi al Sistema idrico integrato o al Sistema integrato dei rifiuti, privi di una seria programmazione e di infrastrutture che aiutino le Municipalità ad essere efficienti e rispettosi dell’Ambiente e delle norme dettate dall’Europa. Difficilmente, senza una politica che determini come dovrà essere gestito il sistema pubblico dell’acqua, o senza un Piano dell’impiantistica per i rifiuti, si potrà parlare di funzionalità, efficienza ed economicità di questi Servizi primari.
E con essi i Servizi alla Persona (Pac, Legge 328, Fondo per la non autosufficienza, Riforma Socio Sanitaria), alle fasce più deboli, alla disabilità, in questi anni precarizzati con notevoli tagli alle risorse finanziarie e la penalizzazione di chi opera nei Servizi Socio Sanitari, come le imprese del Terzo settore, indispensabili a garantirli, colmando i vuoti della Pubblica Amministrazione, ma lasciate morire, e con esse migliaia di lavoratori con le loro famiglie, a causa dei ritardi nei pagamenti e, a volte, per l’incapacità rendicontale delle strutture pubbliche che vanno riviste e formate, magari, com’è già avvenuto in provincia di Siracusa con risultati più che positivi, creando sub distretti Socio Sanitari che gestiscono autonomamente gli interventi di programmazione e di spesa.
C’è bisogno di garantire più Sicurezza ai territori, ma non soltanto attribuendo più poteri ai Sindaci (si veda l’ultimo DL), ma assegnando loro le necessarie risorse finanziarie e dotandoli di una nuova e più formata Polizia Locale, che oggi, sempre più composta da personale precario ed ausiliari del traffico, necessita di una riforma complessiva che la trasformi realmente in un Corpo preparato di Polizia al servizio dei territori, per combattere le illegalità e contribuire, dal basso, per il ruolo che le compete, a far sentire più sicure le nostre città, combattere la criminalità organizzata e la corruzione.
C’è bisogno di ridisegnare la Governance dei Territori, sempre più veri e soli protagonisti del futuro delle comunità, della loro crescita e del loro sviluppo, come ci indica la stessa Comunità Europea con i nuovi sistemi territoriali, per dare loro nuova attrattività e competitività di contesto. Occorre andare oltre l’attenzione oggi rivolta solo alle Città Metropolitane, come sta avvenendo in Sicilia anche per quanto riguarda i trasferimenti finanziari, per non dimenticare che la peculiarità siciliana è di un “territorio diffuso”, fatto di piccoli centri, piccole comunità, più di 300 sui complessivi 390 Comuni in Sicilia, forti di potenzialità che rivendicano quella giusta autodeterminazione che li salvaguardi da una possibile scomparsa, come sta già avvenendo, contrariamente alle politiche comunitarie che invece vogliono dialogare con i nuovi sistemi territoriali, valorizzanti reti di Comuni. In questo senso un concreto modello è quello attivato nel siracusano attraverso la Federazione delle Municipalità, strumento pattizio che sempre più consensi e adesioni sta riscontrando a livello regionale ed in particolare nell’area vasta interprovinciale di Siracusa e Ragusa, attraverso apposite Deliberazioni di adesione dei Consigli comunali. Un nuovo sistema di “Patto Territoriale di Sviluppo e di Conresponsabilità” per operare assieme (Liberi Consorzi, Federazione delle Municipalità, Aree metropolitane), con Uffici Unici di Programmazione, che gestiscono il sistema Governance dell’offerta di territorio, che va oltre il significato stesso di Autonomia Siciliana, che resta, e deve tornare ad essere, un valore aggiunto per la Sicilia.
I vantaggi dell’autonomia siciliana possono essere immediatamente colti a patto che un coeso Partenariato Pubblico-Privato (istituzionale ed economico-sociale) riesca ad attivare un forte sistema di Governance dei processi di sviluppo locale; la Sicilia infatti è piena di forti potenzialità inespresse, solo perchè disgregate e non governate. Gli Uffici Unici di Programmazione (di aree vaste omogenee o di politiche di rete) possono e devono, con immediatezza, integrare politiche e fondi tutti orientati al sostegno di processi di sviluppo basati sulle reali potenzialità “dei luoghi”, come vogliono i regolamenti comunitari dell’attuale ciclo di spesa 2014-2020, ed in particolare la Politica di Coesione, che tale ciclo di spesa vuole utilizzare per ridurre i divari tra le Regioni dell’UE. Questo meccanismo consente di sostenere la formazione e lo sviluppo di Reti di PMI e di microimprese (vere economie reali dei luoghi), che vanno a comporre offerte integrate che si sostengono reciprocamente, e sono in condizione, complessivamente, di innovarsi con l’aiuto di “Poli di Competenze tecnico scientifici” agevolatori dell’innovazione, attivati dagli Uffici Unici.
Questo consente di riterritorializzare la spesa pubblica, evitando l’accentramento da parte della Regione, non idonea ad interpretare un nuovo ruolo, fatto di meno decisioni, più condivisioni e garanzia dei risultati. Così per le opere pubbliche, troppe le incompiute, così per la programmazione dei fondi strutturali (Patto per il Sud, Piano di sviluppo rurale, Fondo sociale di coesione, ecc.), realizzati senza alcun collegamento con concreti “Progetti di sviluppo” (territoriali e/o tematici). Non si può continuare a negare lo sviluppo e a spendere male i fondi che arrivano dall’Europa, sol perché la Regione continua ad accentrare la decisione su quali devono essere gli interventi che invece dovrebbero decidere i territori, unici e autorevoli conoscitori delle loro esigenze e dei loro bisogni. A loro devono essere direttamente ridistribuite le risorse economiche se i programmi presentati risultano in linea con le direttive comunitarie e con il modello di sviluppo programmato dalla Regione. L’intermediazione, i ritardi nell’emanazione dei bandi, le difficoltà di controllo e soprattutto, le indecisioni sulle norme di rendicontazione che in questi anni hanno caratterizzato la politica regionale, di fatto sono stati, e continuano ad essere, un penalty per gli interventi e la crescita. È arrivato il momento di girare pagina se si vuole far crescere la Sicilia”.
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