“Una ricerca stimolante anche se a tratti difficoltosa che, pur con i suoi limiti, può essere considerata un valido strumento di lavoro per gli appassionati di linguistica e per gli interessati alla storia di Canicattini Bagni, essendo la maggioranza delle parole riferite alla vita reale e pratica dei canicattinesi“. Con queste parole Bartolo Mozzicato, storico e presidente onorario della Banda musicale di Canicattini Bagni, ha presentato sabato al Museo Civico Tempo della città il suo ultimo libro, “Janiattini Parra – Dalla lingua al dialetto”.
L’appuntamento, promosso dal Comune di Canicattini Bagni e dal locale Club 88, è stato coordinato da Paolo Ruiz, e ha visto gli interventi di Salvatore Petruzzelli e della responsabile della Biblioteca comunale “G. Agnello”, Paola Cappè, con i saluti del sindaco Marilena Miceli, presenti anche il presidente del Consiglio comunale, Paolo Amenta, e la Giunta comunale.
“Un lavoro che ci inorgoglisce – ha esordito il sindaco Miceli – quello del professore Bartolo Mozzicato, per il suo prezioso lavoro di ricerca e salvaguardia della memoria storica linguistica della nostra città e più in generale della Sicilia. Per questo mi rallegra la notizia che il dialetto siciliano venga insegnano nelle scuole dell’isola. Come ci inorgogliscono i lavori e la presentazione dei libri di tanti nostri concittadini dedicati alla poesia ai racconti, al teatro, all’arte, ma anche all’archeologia e alle tradizioni, senza dimenticare il lavoro di ricerca e conservazione del Museo Tempo, che oltre ad arricchire il già prezioso patrimonio della città, rappresentano la vivacità culturale che vive Canicattini Bagni, e che come amministratori pubblici il dovere di sostenere”.
Il libro di Bartolo Mozzicato, già autore di altri lavori riguardanti la storia, l’emigrazione ed i costumi di Canicattini Bagni, (“Nomi, cognomi e soprannomi”, 1995 – “Canicattini tra storia e ricordi”, 2001 – “La banda di Canicattini Bagni dalle origini ai nostri giorni”, 2004 – “Ubi panis ibi patria”, 2015), ricostruisce il percorso linguistico italiano, ed in particolare quello della lingua siciliana, arricchita dalle varie dominazioni che ha vissuto, e delle varie forme dialettali che la caratterizzano, soffermandosi, da canicattinese, a quello della sua città, con il suo vasto e vivace bagaglio fatto di costrutti, locuzioni, proverbi, paragoni e metafore, accuratamente riportate nel libro, eredità di quella che l’autore definisce “generosa e paziente civiltà contadina”, nonché del mix tra dialetto e lingua dei luoghi dell’emigrazione, soprattutto l’America, che è il Siculish.
“Personalmente – ha detto l’autore – ho vissuto quest’ultima ricerca, fatta di anni di lavoro, come un atto di gratitudine verso la comunità canicattinese che mi ha visto nascere, aiutato a crescere e da cui, salvo per brevi intervalli di tempo, non mi sono allontanato, vivendo, dal dopoguerra in poi, le veloci trasformazioni sociali che si sono verificate e il crollo di un vasto e vivace patrimonio linguistico”.
E il dialetto canicattinese, pur essendo la città più vicina a Siracusa, prende le caratteristiche del sottodialetto di Noto diffuso nella zona della Sicilia sud orientale che va dai monti Iblei a Pachino e a Licata.
“In realtà – come scrive Mozzicato – tra le due zone linguistiche, a parte la presenza del classico ciù (ciuovu, ciuvuta, ciummu,) al posto del chi, (chiovu, chiuvuta, chiummu.) le differenze lessicali e grammaticali sono scarse rispetto a quelle fonetiche. Questa anomalia è giustificata dal fatto che Canicattini fu fondato nel 1682, pochi anni prima del disastroso terremoto del 1693, per cui molte famiglie di Noto, di Avola e delle zone limitrofe, dopo il sisma, trovarono lavoro e casa, con facilità, nel nuovo paese in espansione, portandosi dietro il loro dialetto”.
Un lavoro apprezzato dal numeroso pubblico accorso alla presentazione di sabato al Museo Tempo, a cui l’autore non ha mancato di trasferire l’invito di salvaguardare e tramandare questo prezioso patrimonio linguistico oggi a rischio.
“Purtroppo continuando il ritmo veloce di questo logoramento linguistico – ha concluso il professore Bartolo Mozzicato – anche il nostro dialetto è destinato, ben presto, all’estinzione se non riesce ad evolversi in un nuovo strumento di comunicazione adeguato alla nuova società».
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