Buccheri, conversazione con Paolo Borrometi: “la nostra amata terra dev’essere libera”

L’iniziativa è stata promossa dalla parrocchia Sant’Ambrogio, dal Comune di Buccheri, dall’Ucsi, sezione provinciale di Siracusa

In Sicilia la mafia c’è ancora, ha cambiato aspetto e punta a fare grandi affari. La nostra amata terra dev’essere libera. Tutti noi dobbiamo impegnarci, ognuno con le proprie funzioni, per costruire un futuro migliore ai nostri figli e nipoti”. È l’appello del giornalista Paolo Borrometi che da Buccheri, il paesino montano più alto della provincia di Siracusa, che confina con la provincia di Ragusa, lasciato ai cittadini e alle forze sane del Paese, mercoledì sera, in occasione della conversazione sul libro “Un morto ogni tanto”, edito da Solferino che si è svolta nel centro congressi “Sant’Ambrogio”.

L’iniziativa è stata promossa dalla parrocchia Sant’Ambrogio, dal Comune di Buccheri, dall’Ucsi, sezione provinciale di Siracusa. “Beati i perseguitati per la giustizia perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,10). Noi siamo accanto a te caro Paolo – ha detto il parroco della Chiesa di SantìAmbrogio don Marco Ramondetta –. La tua battaglia è la nostra battaglia. Poi ha sottolineato l’impegno rifacendosi alla lettera Convertiti dei vescovi siciliani. Vogliamo dirti che qui hai degli amici e che siamo con te e con le forze dell’ordine che ti proteggono”. Poi il saluto del sindaco di Buccheri Alessandro Caiazzo e del presidente del consiglio comunale Gianni Garfì.

“Per il nostro paese – ha detto il sindaco Alessandro Caiazzo – è un onore averti qui. Ricorderemo e porteremo nel nostro cuore questa serata. La nostra comunità laboriosa è attenta alla problematiche sociali e alla lotta alla mafia”. Poi l’autore del libro “Un morto ogni tanto” ha conversato con il giornalista Salvatore Di Salvo, consigliere nazionale Ucsi. “C’è una parte della Sicilia mafiosa che non è stata mai raccontata – ha detto Paolo Borrometi – quella delle province di Ragusa e di Siracusa, le cosiddette “province babbe”, dove opera la mafia dei colletti bianchi, la mafia silenziosa, quella degli imprenditori infiltrata nella politica, che si nasconde dietro la mafia grezza e violenta, che spara e ammazza, facendo corruzione e affari. Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera come dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente in allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.”


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