Canicattini Bagni, L’arte del ricamo in oro nei paramenti liturgici

Un viaggio, quello che ha offerto lo scorso giovedì il museo Tempo (Musei dei Sensi, del Tessuto, dell’Emigrante e della Medicina Popolare) di Canicattini Bagni, per conoscere ed esplorare l’antica arte del ricamo con fili d’oro puro, e la manualità e professionalità raggiunta nell’arco dell’ultimo secolo nel restauro di questo importante e vasto patrimonio, che ha addobbato, in particolare, chiese e corti.

Questa l’essenza della conferenza e della mostra “Ricami d’oro e profumo d’incenso” che giovedì 19 maggio, si è tenuta al museo Tempo, promossa in collaborazione con i Comuni di Canicattini Bagni e Cassaro e il suo museo civico intitolato a mons. Luigi Bordonaro, nell’ambito del Sistema rete museale iblei, con la partecipazione della più importante impresa del settore, la “Serpone” di Napoli, famosa per i suoi restauri e ricami in oro puro, ancora oggi rigorosamente curati a mano, e la presenza della Sovrintendenza ai beni culturali di Siracusa.

Presenti, con il sindaco Paolo Amenta, l’amministrazione comunale, l’architetto Giuseppe Armeri , don Alfio Gibilisco, direttore Beni diocesani di Siracusa e parroco di Cassaro, il professore Giuseppe Carrabino, storico dell’arte e rappresentante delle sette Confraternite di Augusta, Francesco Serpone titolare dell’omonima ditta, e una delle sue più esperte ricamatrici Concetta Richiello. Ad aprire i lavori della conferenza, coordinata dallo storico dell’arte, Tanino Golino, è stato Paolo Amenta, ricordando come dal recupero di una struttura chiusa (ex Orfanotrofio), in questi anni si sia dato vita a un museo che giorno dopo giorno si trasforma in un laboratori che racconta, scavando e recuperando le radici del territorio ibleo, la storia e le tradizioni delle sue genti e dei luoghi che, attraverso la collaborazione e la sinergia creata con gli altri comuni dell’altopiano ibleo, è diventata la Rete museale iblea.

Un sistema culturale -, ha continuato Amenta -, nato grazie alla passata programmazione comunitaria, che continuerà a collegarsi, per diventare sviluppo ed economia, con la nuova programmazione europea, per recuperare e valorizzare la memoria storica e il patrimonio archeologico e paesaggistico che lo contraddistingue, da Pantalica alla Rete museale e, soprattutto, i luoghi, le città, per evitare che si spopolano sempre più, ridando nuove opportunità ai giovani“.

A portare i saluti della Sovrintendente di Siracusa, Rosalba Panvini, è stato l’architetto Giuseppe Armeri, esperto di restauro, che, nel complimentarsi per la “vitalità” del museo Tempo, non ha mancato di apprezzare i capolavori dell’arte del ricamo presenti nella mostra allestita, con antichi paramenti liturgici, alcuni dei quali restaurati proprio dalla “Serpone”. E di museo “vivo” che non deve essere solo custode di oggetti e opere “per impolverarsi”, ma deve altresì sapere sviluppare e mettere in moto cultura, nell’aspetto più ampio del termine, ha parlato don Alfio Gibilisco, parroco di Cassaro, nel cui museo civico è allestita una sezione dedicata alla “bellezza” del ricamo in oro con paramenti liturgici antecedenti alla “rivoluzione” del Concilio Vaticano II. Dai Greci a Dostoevskij, don Gibilisco ha attraversato il concetto del “bello”, necessario per apprezzare l’arte. “Educarsi ed educare al bello -, ha detto il parroco di Cassaro -, per conservare e mantenere viva la speranza”.

Un concetto che lo stesso sacerdote, dopo aver illustrato l’arte del ricamo in oro puro, nata intorno all’anno 1000 proprio in Sicilia, a Palermo, del quale è esempio più prezioso il manto di Ruggero custodito però a Vienna, ha ribaltato anche per quanto riguarda l’urbanistica dei centri abitati, nella preparazione dei piani del colore e, complessivamente, dei piani regolatori generali, da parte delle amministrazioni pubbliche. Per don Alfio Gibilisco la bellezza è la migliore risposta all’amore di Dio. E la bellezza diventa catechesi, per lo storico dell’arte Giuseppe Carrabino, accompagnato da alcuni rappresentanti delle stesse Confraternite megaresi che hanno messo a disposizione della mostra alcuni pezzi dell’antico patrimonio paramentale liturgico ricamato in oro che hanno contribuito a salvaguardare e a restaurare. “Di “opera bella” -, ha ricordato Carrabino -, parla Gesù nel Vangelo nel passo relativo all’unzione che Maria di Betania fa dei suoi piedi con olio profumato, costosissimo, che allora si usava solo per consacrare i re, i sacerdoti, i profeti, l’altare, e i morti“.

Per Carrabino, dunque, la bellezza, gli ori e quello che può sembrare “sfarzo” nelle chiese o nell’uso di paramenti liturgici, non è altro che la celebrazione del grande mistero del sacrificio, della morte e della resurrezione di Cristo. A ripercorrere dal 1820, data di nascita della piccola impresa artigiana del ricamo in oro dei Serpone a Napoli, è stato Francesco Serpone, oggi titolare di una grande realtà imprenditoriale, tra le più famose al mondo, che negli anni ha allargato i suoi orizzonti al restauro, alla realizzazione di opere in metallo e in marmo. Alla fine della conferenza è stata una delle sue più esperte ricamatrici e restauratrici, Concetta Richiello, a mostrare su telaio questa straorinaria e antica arte del ricamo in oro, dell’incastonatore di pietre preziose nei parati sacri e, in particolare, gli interventi di restauro, a un pubblico già attento e affascinato dal tema, che ha potuto ammirare, nella mostra allestita per la serata, tessuti e paramenti di grande valore.


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