Comunicato inviatoci da Massimo Franco, Presidente di Confagricoltura Siracusa, in merito al valore della cerealicoltura negli Iblei:
“Qualità e quantità possono andare di pari passo per far ripartire il nostro settore cerealicolo e ridargli quel ruolo che storicamente ha sempre avuto. Possiamo tornare ad essere il granaio d’Italia”. Il mondo della ricerca e tutti i componenti della filiera della cerealicoltura, dagli agricoltori al settore della trasformazione, attorno ad un tavolo per discutere delle prospettive del comparto, nel corso della tavola rotonda “La cerealicoltura iblea tra tradizione ed innovazione”, organizzata a Palazzolo da Confagricoltura Siracusa. “Tutta la provincia dipende da questo territorio – ha ricordato nel suo intervento Massimo Franco, presidente di Confagricoltura Siracusa – a cominciare dal ruolo importante che hanno gli agricoltori per gli interventi di salvaguardia contro il dissesto idrogeologico, di cui tutti usufruiscono a valle.
E’ un territorio vivo che merita attenzione per le produzioni di altissimo livello che porta sul mercato. Ci sono potenzialità enormi e per questo occorre promuovere un’attenta filiera del settore”. Un invito a “difendere il nostro grano dalle multinazionali che cercano di accaparrarsi prodotto e spazi e premono per far entrare “dalla finestra” anche da noi gli Ogm con il rischio di perdere varietà importanti selezionate in Sicilia” è arrivato dall’imprenditore Salvatore Calleri, che ha ricordato il ruolo importante “del sementiero per cercare di mantenere il prodotto omogeneo”. Nel corso del convegno anche i contributi del sindaco di Palazzolo, Carlo Scibetta, del presidente della Provincia Nicola Bono, del panificatore Franco Vescera e di Giuseppe Lirosi, commissario della stazione sperimentale di granicoltura di Caltagirone, sull’importanza della riscoperta delle antiche varietà siciliane di grano duro.
Da Lirosi l’invito a “ripartire dal know how dei contadini siciliani e dalla civiltà del grano”. Massimo Palumbo, del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, ha ricordato come “il nostro grano, per la sua tipologia e le condizioni climatiche, ha livelli di micotossine molto più bassi delle altre produzioni e quindi molto più sicuro per la salute”. A conclusione, l’importante relazione di Michele Pisante, ordinario di Agronomia all’Università di Teramo. “Pur essendo il primo produttore in Europa il nostro Paese importa il 50 per cento di grano tenero ed il 40 di grano duro – ha rilevato Pisante – eppure l’industria poi promuove il suo prodotto come made in Italy.
Queste convenzioni non possono prescindere dall’agricoltore a cui va ripartito il vantaggio. Stiamo consumando più di quanto produciamo, per questo bisogna migliorare la nostra “biocapacità” attraverso un’agricoltura sostenibile che qui si deve fondare su basi scientifiche che portino avanti la qualità e la quantità del prodotto con ricorso ad avvicendamenti colturali adeguati. Ci sono nuovi fabbisogni in altre parti del mondo e la Sicilia potrebbe soddisfarli. Non bisogna inventare nulla di nuovo ma imitare i modelli virtuosi che già ci sono. La nuova Pac, la politica agricola comunitaria, è un’occasione da saper sfruttare al meglio, bisogna muoversi perchè altre realtà, Lombardia e Veneto in testa, sono già avanti”.
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